Profitti in calo per Ubi banca, che nel 2019 ha registrato un utile netto di 251,2 milioni di euro rispetto ai 425,6 mln dell’anno precedente per effetto della fiscalità. Per il 2020 è atteso un risultato netto superiore dello scorso esercizio, con il dividendo più alto. L’utile lordo del 2019 è ammontato a 506 milioni, in crescita del 10,7%, e il risultato al netto delle poste non ricorrenti è salito del 16,7% a 352,9 mln. Agli azionisti verrà proposto un dividendo di 0,13 euro per azione (+8,3%). «Abbiamo sempre distribuito dividendi cash, anche negli anni più difficili della crisi, e non credo che questo cambierà», ha affermato l’a.d. Victor Massiah. Quanto alla possibilità che Ubi remuneri i soci anche con il riacquisto di azioni proprie, Massiah si è espresso a favore della cedola in contanti: i soci, «se vogliono», possono decidere se «reinvestire oppure no» in titoli. Il Cet1 si è posizionato al 12,3% e i crediti deteriorati lordi sono scesi del 29,6%. È all’esame l’ulteriore cessione di un portafoglio di circa 800 milioni lordi di sofferenze Sme. La raccolta totale è migliorata del 5,1% a 197 miliardi. Nel quarto trimestre l’utile netto è ammontato a 60,1 milioni e i ricavi core sono saliti del 3,5%. In crescita le commissioni nette a 446,3 milioni (+10,9%), mentre il margine d’interesse è diminuito del 3,5% a 412 mln. Intanto Ubi è alle prese con le rifi niture del nuovo piano industriale che verrà presentato al mercato lunedì 17. «Quello che posso dire», ha detto Massiah, «è che il 2019, grazie a un’accelerazione sulla componente dei proventi commissionali e a forti investimenti sulla tecnologia e a un’importante riduzione dell’Npe ratio, ha posto le basi per un piano importante, che confermerà e rafforzerà la capacità di produrre qualità di servizio e qualità di risultati della nostra banca». Gli occhi sono puntati sull’evoluzione degli accordi di bancassurance. «Fino al 30 giugno tutte le possibilità sono sul tavolo, tutto è possibile. Nessuna decisione è stata ancora presa. Avremo un approccio tradizionale e sostenibile». Gli attuali accordi con Aviva e Cattolica scadranno a fi ne anno e il top management sta valutando il da farsi.
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